Natura e Ambiente (Fauna)
FAUNA
Il
lupo
grigio (canis
lupus),
lungo
tra i 110 e i 150 cm, alto tra i 60 e gli 85 cm. Il colore del pelo
cambia al variare delle stagioni e dell’età; esso fa parte dei
superpredatori, possiede una dentatura affilata caratterizzata da
canini lunghi e ricurvi verso l’interno. I loro habitat sono le
foreste montane, se sono in branco essi si cibano di cervi e di
roditori. I lupi solitari vagano in cerca di altri simili, ma non
possono entrare in territori già occupati da branchi altrimenti
vengono uccisi o cacciati via. Invece, il branco è composto da un
minimo di 2 ad un massimo di 20 membri, all’interno del quale
solamente la coppia alfa può allevare gli altri cuccioli di lupo.
Questi ultimi, quando diventano adulti, dovranno prendere la
decisione se rimanere nel branco (scelto dalle femmine) o voler intraprendere la vita di solitario.
Il
cinghiale (sus
scrofa), vive in zone collinari, si sposta durante le ore notturne
per evitare gli uomini. Usa il muso ed i potenti canini per
dissotterrare radici, bulbi, insetti, lumache, lombrichi ecc…
L’habitat preferito è spesso un luogo a ridosso di zone
antropizzate. Il cinghiale è considerato la causa dei danni alle
piantagioni dei contadini, specialmente durante le stagioni estive.
Il
gatto
selvatico
(felix/felis silvestris), ha il corpo allungato e compresso
lateralmente, possiede arti corti e le sue dita sono munite di
unghie retrattili. Ha una pelliccia fulvo-grigiastra molto folta,
la coda è lunga circa la metà del suo corpo. Quest’ultima è
caratterizzata da una successione di anelli scuri e dall’apice
sempre nero, sul dorso è presente una striscia nera. Il dimorfismo
sessuale dipende dalla robustezza delle dimensioni e dal peso dei
maschi. Difficilmente si perviene alle tracce di queste specie di carnivori silenziosi e solitari. Vive in tutti i tipi di
bosco, trova rifugio nei tronchi cavi di alcuni alberi o nelle tane
abbandonate da altri carnivori. Durante le ore che precedono
l’alba caccia uccelli e lepri, i quali completano la sua
dieta.
Lo
scoiattolo
nero,
chiamato “scivrus", tipico
dell’Italia meridionale. Ha il mantello di colore nero e la parte inferiore del
corpo bianca. Non ci sono distinzioni tra lo scoiattolo di
sesso femminile e maschile. E’ lungo circa 25 cm senza la coda,
la quale misura 15 o 10 cm e il suo peso varia da 250 a 340 g. La
coda ha delle funzioni importanti durante gli spostamenti, è utile
durante lo slancio da un albero all’altro; funge da “asta di
equilibrio” durante i movimenti scattanti sui rami; durante le ore
notturne mantiene il calore corporeo, inoltre, viene usato come
paracadute quando salta a terra. Esso è in grado di spiccare salti di 4 o 6 metri, affinché faccia pochi spostamenti sul
terreno.
La
volpe
(vulpes
vulpes), è il carnivoro più comune e diffuso all’interno del
nostro Parco. Non è presente solamente in alta montagna, ma vaga
anche in zone collinari e di pianura, infatti ha delle capacità
adattative straordinarie che le consentono di variare la sua dieta
in base al luogo in cui si trova. Solitamente preferisce cibarsi di
piccoli roditori, lepri e uccelli , ma si accontenta anche di
anfibi, rettili, pesci, invertebrati e trova spesso fonte
nutrizionale la spazzatura.
Il
tasso
(meles meles) possiede un mantello poco folto, costituito da peli
setosi e lucidi, questi sono gialli alla base, neri in mezzo e
all'apice sono bianchi. La sua testa è bianca ma vi sono due
strisce nere che coprono il collo fino al muso. Vive in zone
boschive con fitto sottobosco, dove scava profondamente al fine di
costruire la propria tana, la quale spesso si trova a 5 o 6 metri di
profondità ed è fornita di varie uscite di sicurezza. Preferisce
muoversi alla ricerca di rifornimenti dopo il tramonto, scava per
portare alla luce lumache, semi, radici, insetti, larve, lombrichi
di cui è veramente ghiotto.
Il
capriolo
(capreolus
capreolus), torna in Aspromonte dopo due secoli, appartiene alla
famiglia dei cervidi, è di piccole dimensioni ed è stato da
qualche anno introdotto nella fauna aspromontana. Ha un mantello
color fulvo (dorato tendente al rosso), mentre la parte della gola e
delle parti ventrali sono bianche. Il maschio, a differenza della
femmina, è dotato di piccoli palchi con solo tre punte (termine
utilizzato per indicare le corna dei cervidi), esse però cadono
ogni anno e ricrescono nel periodo invernale.
La
donnola
(mustela nivalis) ha un corpo slanciato, esile ed elegante; gli arti
sono corti, le unghie sono affilate e robuste. Anch’essa ha delle
capacità adattative sviluppate, perciò vive bene sia in pianura,
sia nei boschi, sia in terreni coltivati, anche se preferisce luoghi
poco umidi. La donnola si nutre di rettili, anfibi, lepri,
invertebrati, uccelli e delle loro uova.
La salamandrina è una specie endemica di
colore giallo e nero o anche rosso e nero che le permette di
mimetizzarsi nella natura.
Inoltre è stata segnalata la presenza di un piccolo roditore notturno,
simile al ghiro, a rischio di estinzione, chiamato “raro
driomio”.
Esso possiede una folta coda ricoperta da pelo bruno-grigiastro con
l’estremità grigio scuro. Vive tra i 1500 e i 1950 metri di
altitudine, in luoghi in cui vi è un bosco con predominanza di
faggi misto a latifoglie.
L’aquila
reale.
In Calabria sono presenti solamente due coppie nidificanti, una nel
Parco del Pollino, l’altra vive nel nostro amato Parco. La sua
altezza varia dai 75-88 cm, di cui solo 26-33 spettano alla coda,
l’apertura delle sue ali può misurare massimo 204-220 cm. Generalmente le sue penne sono di colore marrone, la testa presenta piume di forma lanceolata, il becco è di colore
grigio-bluastro, mentre le zampe sono giallastre. Il suo habitat
preferito è senza dubbio rappresentato dalle zone montuose. La sua
dieta consiste nel consumo di prede vive, di uccelli, di mammiferi
di piccole o grandi dimensioni e all’occorrenza si ciba anche di carcasse morte e di insetti. Le sue caratteristiche sono:
- un apparato visivo molto sviluppato
- buone capacità uditive
- abilità, agilità e velocità durante il volo.
Essa
è monitorata tramite un microchip legato ad una zampa.
Il
gufo
reale (bubo
bubo meridionalis) raggiunge una lunghezza totale di 60-75 cm ed un
peso di circa 2,5 kg, l’apertura delle sue ali riesce a
raggiungere i due metri. Esso è riconoscibile poiché sul capo sono
presenti due ciuffi auricolari evidenti e le iridi di colore
variabile dal giallo-arancio al giallo-oro o persino all’arancione.
Ha il becco adunco (piegato ad uncino) di colore nero. Il gufo non
costruisce il proprio nido poiché vive in cavità più o meno
nascoste su pareti rocciose sulle quali deporre le proprie uova.
Esso vola in modo lento e silenzioso, la caccia inizia
successivamente al tramonto fino all’alba. A volte le sue prede
vengono decapitate con il suo becco, si nutre di mammiferi, ma
anche di uccelli, rettili, anfibi e pesci. Durante le ore diurne si
riposa in luoghi poco accessibili mimetizzandosi grazie al colore
del suo piumaggio. È acerrimo nemico di predatori alati e
terrestri.
Il
picchio
nero (Dryocopus martius)
è localizzato in Europa Orientale, ma in Italia è possibile
ammirarlo solamente sulle Alpi e in Calabria, dove solo
nell’Aspromonte vi è una sua presenza più accentuata.
Esso
è lungo 45 cm, l’apertura alare è di 66-76 cm, possiede un becco
grande e chiaro. È possibile distinguere il maschio dalla femmina
poiché la testa leggermente crestata del primo è caratterizzata da
una striscia color rosso vivo. Il richiamo è un verso molto forte
che viene emesso durante il volo. Il Picchio nero scala buchi-nidi
dove deporre le sue uova ad altezza di 3 o 4 metri; a differenza
degli altri picchi, “tambureggia” occasionalmente. Vive in
foreste di alta montagna dove si ciba di insetti e di larve.
Tra
i Passeriformi, nella famiglia delle “Alaudidae” fanno parte le
Allodole (Alauda
arvensis), ovvero quegli uccelli che sono tipici di ambienti aperti
e incolti, sono di piccola statura, hanno un piumaggio bruno-striato
che li aiuta a mimetizzarsi nella natura in cui vivono. Una loro
particolarità è l’unghia del dito posteriore, la quale è dritta
e allungata. Il canto è molto melodioso.
Il
Parco possiede anche una ricca biodiversità caratterizzata da: abeti
bianchi, pino laricio, querce, pioppi e faggi;
L'abete
bianco (Abies
alba) è maggiormente diffuso nel sud Europa occidentale, in Italia
è presente sugli Appennini sino alla Calabria (Sila, Serra S. Bruno,
Aspromonte). Esso è alto 40-50 metri, il suo apice è simile al
“nido di cicogna”, possiede degli aghi appuntiti, lunghi 3 cm,
disposti a pettine. Questo albero fa parte delle conifere e viene
chiamato così poiché sulla pagina inferiore di ogni singolo ago vi
sono due strisce parallele di colore bianco-azzurrino.
La
quercia
Farnetto è
diffusa su circa 800 ettari di riserva, gli esemplari più adulti
hanno un'età stimata compresa tra gli 8 e i 10 secoli. Questi
alberi costituiscono una presenza esclusiva per il patrimonio
forestale nazionale.
Il
pino
laricio o
calabro è
l’albero simbolo
della Calabria, tant’è vero che la Regione Calabria lo ha inserito tra i 4
simboli del suo stemma. Esso
è
diffuso solo in Corsica, Sicilia ma in modo più esteso in Calabria,
nella fascia che va dai 1100 ai 1700 metri. In Aspromonte forma
boschi di pineti spettacolari. Questi possono essere alti più di 45
metri.
Tali
altezze sono state raggiunte grazie anche al fatto che spesso
l'albero si presenta in boschi fitti nei quali non filtra abbastanza
luce, così da non dare la possibilità ai rami più bassi di
crescere, facendoli deperire e cadere. In questo modo le cime più
alte della fronda tendono a svilupparsi in altezza cercando la luce,
dando una conformazione molto alta e sottile al fusto, con il tronco
spoglio nelle parti più basse. Il laricio possiede degli aghi più
piccoli rispetto a quelli del pino aiutano il rimboschimento , è
l’unica conifera che perde le foglie a differenza dell’abete e
del pino. Le pigne dei larici vengono rosicchiate dallo scoiattolo
nero.
Il
pino
era molto importante in epoca greca. Quando i greci arrivarono su
questi territori e notarono questi alberi ricchi di resina,
utilizzarono questo legno per la costruzione di navi molto più
veloci di quelle della madrepatria. Le navi romane invece, erano
molto più lente poiché costruite con legname privo di resine e
inoltre avevano bisogno di molta manutenzione poiché in acqua il
legno diventava putrido. Perciò quando i romani conquistarono il
Bruzio, la Calabria divenne “ager publicus”
cioè “proprietà dei romani”, i quali vennero qui a tagliare proprio
questi alberi. Mentre i greci avevano grande conoscenza
dell’ambiente naturale, non tagliavano gli alberi bensì adottavano una tecnica per estrarre la resina; diversamente i romani devastarono i boschi tagliando gli alberi oppure incendiando il
legno in modo che la resina uscisse e potesse essere raccolta
all’interno di vasi e poi messa nelle navi.
Un’altra
importante caratteristica dell’Aspromonte è dovuta all’esistenza
di numerosi corsi d’acqua, ruscelli, fiumare ma è persino ricco di
cascate, quali “Forgiarelle”
e “Maesano”. Esso è inoltre fornito di un punto panoramico,
chiamato “Croce
di Dio Sia Lodato”,
dal quale è possibile ammirare le due più belle valli
dell’Aspromonte: Ferraina e Valle Infernale, la fiumare Apocipo ed
in fondo i campi di Bova .
A
quasi 1.200 metri di altezza, sgorgano le cascate
Maesano.
Queste cascate affascinanti si trovano in un luogo incantato ed
immerso nella natura, in cui gli unici “rumori” sono quelli del
vento che soffia tra gli alberi e dell’acqua che scorre in modo
continuo e “feroce”. Le cascate del Maesano, conosciute anche
come Cascate
dell’Amendolea,
sono una tappa fondamentale per chi ama e trova il proprio “angulus”
nella montagna. Ci si può avvicinare a questo luogo magico
proseguendo a piedi in un sentiero, piuttosto faticoso, che parte
dalla diga del Menta.
Vicino ai fiumi ci sono la testuggine di Hermann, le rane, i rospi e l’ululone giallo. Nei corsi d'acqua vivono trote e anguille.
L’ululone
dal ventre giallo (Bombina
variegata), o ululone
appenninico,
è un piccolo anfibo dal corpo appiattito che non supera i 5-6 cm di
lunghezza. Il dorso è verrucoso, dovuto alla presenza di alcune
ghiandole speciali, di colore grigio o marrone, mentre il ventre è
di colore giallo macchiettato di nero. Il muso è arrotondato e gli
occhi sono sporgenti.
La
colorazione del ventre serve a farsi immediatamente riconoscere come
specie velenosa dai predatori. Infatti se l'ululone viene
toccato o se si sente minacciato, la fuga non è possibile, poichè assume
subito una strana posizione difensiva coprendo gli occhi con gli
arti anteriori, piegando la schiena e voltando gli arti posteriori
verso l'alto per mostrare i suoi colori. Appena assunta questa
posizione, mediante l'azione delle ghiandole, comincia a secernere
un liquido biancastro, irritante ed altamente tossico che allontana
gli aggressori. Quando il pericolo è scomparso ritorna nella
posizione normale.
L'ululone
non ha sacco vocale come le rane e pertanto il suo gracidio è basso
ed il richiamo fa pensare a un lieve suono di campane
lontane.
Vive
nelle zone collinari e montane, di rado fino a 1.800 metri di
altezza, ma lo si avvista anche nelle pianure.
Frequenta
gli ambienti acquatici, anche di ridotte dimensioni come pozzanghere,
dalle quali emerge solo con gli occhi e le narici, alla ricerca di
piccoli insetti, molluschi e vermi.
La
testuggine
di Hermann. La
colorazione delle sue macchie è scura e di colore giallo, il peso
massimo per una femmina è di 750-900 g, mentre per il maschio è di
400-550 g con dimensioni variabili dai 14 ai 17 cm. Il suo habitat
ideale sono aree mediterranee in cui ci sono inverni miti con
precipitazioni moderate ed estati aride con temperature elevate.
Essa è prettamente vegetariana, ma all’occasione si cibano anche
di chiocciole.
Nel
momento in cui si vuol entrare nel bosco si consiglia di non fare
alcun rumore in quanto è presente la ghiandaia, uccello
sentinella
che avvisa gli abitanti della foresta della presenza di qualcuno e
così questi hanno la possibilità di nascondersi in modo che non
vengano avvistati.
Per
conservare queste specie animali e vegetali si necessita di aree
protette. In Calabria la percentuale di territorio protetto è pari
al 18,6% della superficie di tutti i territori.
Il
Parco Nazionale dell’Aspromonte svolge delle funzioni duplici nella
protezione della fauna, poiché protegge le specie di animali che ci
vivono e che coesistono, ma svolge anche un’altra importante
funzione: quella di essere una tappa obbligatoria per gli
uccelli migratori, specialmente per coloro che attraversano lo
Stretto di Messina, per poi proseguire il loro viaggio verso Nord.
Il
Parco ospita specie significative, presenti solo nella nostra
regione o nella penisola italiana, specie minacciate
dall’estinzione (come ad esempio il lupo). Da ciò deriva
l’importanza nel custodire
e conservare
la fauna. Si comincia a contribuire alla salvaguardia
e alla conservazione di queste specie già con un semplice incontro
con la natura,
in modo silenzioso, bisogna ascoltare
il richiamo della natura, degli uccelli, il fruscio dell’acqua
nelle cascate, bisogna ascoltare come questa si spinge verso le
pietre e trova passaggio tre le fessure.
A
livello geologico l’Aspromonte è molto ricco: si trovano rocce di
quarzo latteo che veniva usato nel paleolitico per costruire armi
come punte di frecce e lance, poiché se si dovessero rompere si creerebbero delle
fratture taglienti; vi fu quindi la presenza dell’uomo
preistorico che utilizzava il quarzo per costruire strumenti utilizzati per tagliare la carne degli animali morti. La “mica” è una
roccia metamorfica presente nel quarzo, granitico cristallina perché
presenta cristalli, può essere argentea ma abbiamo anche quella nera
che si trova nel granito, muscovite e biotite. Tra l’altro veniva
usata nel passato per fare isolare i vecchi ferri da stiro perché
assorbe il calore e lo rilascia lentamente, ma anche come
isolante elettrico in quanto non permette il passaggio dell’ energia elettrica.
Bibliografia:
libro "Guida alla fauna vertebrata del Parco Nazionale
dell'Aspromonte" di Laruffa Editore
Fonti:
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