Natura e Ambiente (Fauna)


FAUNA

Il Parco Nazionale ha un perimetro di 65.000 ettari, un ambiente particolare, il quale, grazie alla fitta vegetazione e alla presenza di un clima prevalentemente mediterraneo, favorisce la sopravvivenza di molti animali, i quali trovano nell’Aspromonte un habitat ideale. La fauna è diversificata:


Il lupo grigio (canis lupus), lungo tra i 110 e i 150 cm, alto tra i 60 e gli 85 cm. Il colore del pelo cambia al variare delle stagioni e dell’età; esso fa parte dei superpredatori, possiede una dentatura affilata caratterizzata da canini lunghi e ricurvi verso l’interno. I loro habitat sono le foreste montane, se sono in branco essi si cibano di cervi e di roditori. I lupi solitari vagano in cerca di altri simili, ma non possono entrare in territori già occupati da branchi altrimenti vengono uccisi o cacciati via. Invece, il branco è composto da un minimo di 2 ad un massimo di 20 membri, all’interno del quale solamente la coppia alfa può allevare gli altri cuccioli di lupo. Questi ultimi, quando diventano adulti, dovranno prendere la decisione se rimanere nel branco (scelto dalle femmine) o voler intraprendere la vita di solitario.



Il cinghiale (sus scrofa), vive in zone collinari, si sposta durante le ore notturne per evitare gli uomini. Usa il muso ed i potenti canini per dissotterrare radici, bulbi, insetti, lumache, lombrichi ecc… L’habitat preferito è spesso un luogo a ridosso di zone antropizzate. Il cinghiale è considerato la causa dei danni alle piantagioni dei contadini, specialmente durante le stagioni estive.



Il gatto selvatico (felix/felis silvestris), ha il corpo allungato e compresso lateralmente, possiede arti corti e le sue dita sono munite di unghie retrattili. Ha una pelliccia fulvo-grigiastra molto folta, la coda è lunga circa la metà del suo corpo. Quest’ultima è caratterizzata da una successione di anelli scuri e dall’apice sempre nero, sul dorso è presente una striscia nera. Il dimorfismo sessuale dipende dalla robustezza delle dimensioni e dal peso dei maschi. Difficilmente si perviene alle tracce di queste specie di carnivori silenziosi e solitari. Vive in tutti i tipi di bosco, trova rifugio nei tronchi cavi di alcuni alberi o nelle tane abbandonate da altri carnivori. Durante le ore che precedono l’alba caccia uccelli e lepri, i quali completano la sua dieta.




Lo scoiattolo nero, chiamato “scivrus", tipico dell’Italia meridionale. Ha il mantello di colore nero e la parte inferiore del corpo bianca. Non ci sono distinzioni tra lo scoiattolo di sesso femminile e maschile. E’ lungo circa 25 cm senza la coda, la quale misura 15 o 10 cm e il suo peso varia da 250 a 340 g. La coda ha delle funzioni importanti durante gli spostamenti, è utile durante lo slancio da un albero all’altro; funge da “asta di equilibrio” durante i movimenti scattanti sui rami; durante le ore notturne mantiene il calore corporeo, inoltre, viene usato come paracadute quando salta a terra. Esso è in grado di spiccare salti di 4 o 6 metri, affinché faccia pochi spostamenti sul terreno.




La volpe (vulpes vulpes), è il carnivoro più comune e diffuso all’interno del nostro Parco. Non è presente solamente in alta montagna, ma vaga anche in zone collinari e di pianura, infatti ha delle capacità adattative straordinarie che le consentono di variare la sua dieta in base al luogo in cui si trova. Solitamente preferisce cibarsi di piccoli roditori, lepri e uccelli , ma si accontenta anche di anfibi, rettili, pesci, invertebrati e trova spesso fonte nutrizionale la spazzatura.




Il tasso (meles meles) possiede un mantello poco folto, costituito da peli setosi e lucidi, questi sono gialli alla base, neri in mezzo e all'apice sono bianchi. La sua testa è bianca ma vi sono due strisce nere che coprono il collo fino al muso. Vive in zone boschive con fitto sottobosco, dove scava profondamente al fine di costruire la propria tana, la quale spesso si trova a 5 o 6 metri di profondità ed è fornita di varie uscite di sicurezza. Preferisce muoversi alla ricerca di rifornimenti dopo il tramonto, scava per portare alla luce lumache, semi, radici, insetti, larve, lombrichi di cui è veramente ghiotto.



Il capriolo (capreolus capreolus), torna in Aspromonte dopo due secoli, appartiene alla famiglia dei cervidi, è di piccole dimensioni ed è stato da qualche anno introdotto nella fauna aspromontana. Ha un mantello color fulvo (dorato tendente al rosso), mentre la parte della gola e delle parti ventrali sono bianche. Il maschio, a differenza della femmina, è dotato di piccoli palchi con solo tre punte (termine utilizzato per indicare le corna dei cervidi), esse però cadono ogni anno e ricrescono nel periodo invernale.




La donnola (mustela nivalis) ha un corpo slanciato, esile ed elegante; gli arti sono corti, le unghie sono affilate e robuste. Anch’essa ha delle capacità adattative sviluppate, perciò vive bene sia in pianura, sia nei boschi, sia in terreni coltivati, anche se preferisce luoghi poco umidi. La donnola si nutre di rettili, anfibi, lepri, invertebrati, uccelli e delle loro uova.


La salamandrina è una specie endemica di colore giallo e nero o anche rosso e nero che le permette di mimetizzarsi nella natura.



Inoltre è stata segnalata la presenza di un piccolo roditore notturno, simile al ghiro, a rischio di estinzione, chiamato “raro driomio”. Esso possiede una folta coda ricoperta da pelo bruno-grigiastro con l’estremità grigio scuro. Vive tra i 1500 e i 1950 metri di altitudine, in luoghi in cui vi è un bosco con predominanza di faggi misto a latifoglie.




L’aquila reale. In Calabria sono presenti solamente due coppie nidificanti, una nel Parco del Pollino, l’altra vive nel nostro amato Parco. La sua altezza varia dai 75-88 cm, di cui solo 26-33 spettano alla coda, l’apertura delle sue ali può misurare massimo 204-220 cm. Generalmente le sue penne sono di colore marrone, la testa presenta piume di forma lanceolata, il becco è di colore grigio-bluastro, mentre le zampe sono giallastre. Il suo habitat preferito è senza dubbio rappresentato dalle zone montuose. La sua dieta consiste nel consumo di prede vive, di uccelli, di mammiferi di piccole o grandi dimensioni e all’occorrenza si ciba anche di carcasse morte e di insetti. Le sue caratteristiche sono:
  • un apparato visivo molto sviluppato
  • buone capacità uditive
  • abilità, agilità e velocità durante il volo.
Essa è monitorata tramite un microchip legato ad una zampa.



Il gufo reale (bubo bubo meridionalis) raggiunge una lunghezza totale di 60-75 cm ed un peso di circa 2,5 kg, l’apertura delle sue ali riesce a raggiungere i due metri. Esso è riconoscibile poiché sul capo sono presenti due ciuffi auricolari evidenti e le iridi di colore variabile dal giallo-arancio al giallo-oro o persino all’arancione. Ha il becco adunco (piegato ad uncino) di colore nero. Il gufo non costruisce il proprio nido poiché vive in cavità più o meno nascoste su pareti rocciose sulle quali deporre le proprie uova. Esso vola in modo lento e silenzioso, la caccia inizia successivamente al tramonto fino all’alba. A volte le sue prede vengono decapitate con il suo becco, si nutre di mammiferi, ma anche di uccelli, rettili, anfibi e pesci. Durante le ore diurne si riposa in luoghi poco accessibili mimetizzandosi grazie al colore del suo piumaggio. È acerrimo nemico di predatori alati e terrestri.




Il picchio nero (Dryocopus martius) è localizzato in Europa Orientale, ma in Italia è possibile ammirarlo solamente sulle Alpi e in Calabria, dove solo nell’Aspromonte vi è una sua presenza più accentuata.
Esso è lungo 45 cm, l’apertura alare è di 66-76 cm, possiede un becco grande e chiaro. È possibile distinguere il maschio dalla femmina poiché la testa leggermente crestata del primo è caratterizzata da una striscia color rosso vivo. Il richiamo è un verso molto forte che viene emesso durante il volo. Il Picchio nero scala buchi-nidi dove deporre le sue uova ad altezza di 3 o 4 metri; a differenza degli altri picchi, “tambureggia” occasionalmente. Vive in foreste di alta montagna dove si ciba di insetti e di larve.



Tra i Passeriformi, nella famiglia delle “Alaudidae” fanno parte le Allodole (Alauda arvensis), ovvero quegli uccelli che sono tipici di ambienti aperti e incolti, sono di piccola statura, hanno un piumaggio bruno-striato che li aiuta a mimetizzarsi nella natura in cui vivono. Una loro particolarità è l’unghia del dito posteriore, la quale è dritta e allungata. Il canto è molto melodioso.


Il Parco possiede anche una ricca biodiversità caratterizzata da: abeti bianchi, pino laricio, querce, pioppi e faggi;


L'abete bianco (Abies alba) è maggiormente diffuso nel sud Europa occidentale, in Italia è presente sugli Appennini sino alla Calabria (Sila, Serra S. Bruno, Aspromonte). Esso è alto 40-50 metri, il suo apice è simile al “nido di cicogna”, possiede degli aghi appuntiti, lunghi 3 cm, disposti a pettine. Questo albero fa parte delle conifere e viene chiamato così poiché sulla pagina inferiore di ogni singolo ago vi sono due strisce parallele di colore bianco-azzurrino.



La quercia  Farnetto è diffusa su circa 800 ettari di riserva, gli esemplari più adulti hanno un'età stimata compresa tra gli 8 e i 10 secoli. Questi alberi costituiscono una presenza esclusiva per il patrimonio forestale nazionale.




Il pino laricio o calabro è l’albero simbolo della Calabriatant’è vero che la Regione Calabria lo ha inserito tra i 4 simboli del suo stemma. Esso è diffuso solo in Corsica, Sicilia ma in modo più esteso in Calabria, nella fascia che va dai 1100 ai 1700 metri. In Aspromonte forma boschi di pineti spettacolari. Questi possono essere alti più di 45 metri. Tali altezze sono state raggiunte grazie anche al fatto che spesso l'albero si presenta in boschi fitti nei quali non filtra abbastanza luce, così da non dare la possibilità ai rami più bassi di crescere, facendoli deperire e cadere. In questo modo le cime più alte della fronda tendono a svilupparsi in altezza cercando la luce, dando una conformazione molto alta e sottile al fusto, con il tronco spoglio nelle parti più basse. Il laricio possiede degli aghi più piccoli rispetto a quelli del pino aiutano il rimboschimento , è l’unica conifera che perde le foglie a differenza dell’abete e del pino. Le pigne dei larici vengono rosicchiate dallo scoiattolo nero.


Il pino era molto importante in epoca greca. Quando i greci arrivarono su questi territori e notarono questi alberi ricchi di resina, utilizzarono questo legno per la costruzione di navi molto più veloci di quelle della madrepatria. Le navi romane invece, erano molto più lente poiché costruite con legname privo di resine e inoltre avevano bisogno di molta manutenzione poiché in acqua il legno diventava putrido. Perciò quando i romani conquistarono il Bruzio, la Calabria divenne “ager publicus” cioè “proprietà dei romani”, i quali vennero qui a tagliare proprio questi alberi. Mentre i greci avevano grande conoscenza dell’ambiente naturale, non tagliavano gli alberi bensì adottavano una tecnica per estrarre la resina; diversamente i romani devastarono i boschi tagliando gli alberi oppure incendiando il legno in modo che la resina uscisse e potesse essere raccolta all’interno di vasi e poi messa nelle navi.




Un’altra importante caratteristica dell’Aspromonte è dovuta all’esistenza di numerosi corsi d’acqua, ruscelli, fiumare ma è persino ricco di cascate, quali “Forgiarelle” e “Maesano”. Esso è inoltre fornito di un punto panoramico, chiamato “Croce di Dio Sia Lodato”, dal quale è possibile ammirare le due più belle valli dell’Aspromonte: Ferraina e Valle Infernale, la fiumare Apocipo ed in fondo i campi di Bova .



A quasi 1.200 metri di altezza, sgorgano le cascate Maesano. Queste cascate affascinanti si trovano in un luogo incantato ed immerso nella natura, in cui gli unici “rumori” sono quelli del vento che soffia tra gli alberi e dell’acqua che scorre in modo continuo e “feroce”. Le cascate del Maesano, conosciute anche come Cascate dell’Amendolea, sono una tappa fondamentale per chi ama e trova il proprio “angulus” nella montagna. Ci si può avvicinare a questo luogo magico proseguendo a piedi in un sentiero, piuttosto faticoso, che parte dalla diga del Menta.



Vicino ai fiumi ci sono la testuggine di Hermann, le rane, i rospi e l’ululone giallo. Nei corsi d'acqua vivono trote e anguille.


L’ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), o ululone appenninico, è un piccolo anfibo dal corpo appiattito che non supera i 5-6 cm di lunghezza. Il dorso è verrucoso, dovuto alla presenza di alcune ghiandole speciali, di colore grigio o marrone, mentre il ventre è di colore giallo macchiettato di nero. Il muso è arrotondato e gli occhi sono sporgenti. La colorazione del ventre serve a farsi immediatamente riconoscere come specie velenosa dai predatori. Infatti se l'ululone viene toccato o se si sente minacciato, la fuga non è possibile, poichè assume subito una strana posizione difensiva coprendo gli occhi con gli arti anteriori, piegando la schiena e voltando gli arti posteriori verso l'alto per mostrare i suoi colori. Appena assunta questa posizione, mediante l'azione delle ghiandole, comincia a secernere un liquido biancastro, irritante ed altamente tossico che allontana gli aggressori. Quando il pericolo è scomparso ritorna nella posizione normale.
L'ululone non ha sacco vocale come le rane e pertanto il suo gracidio è basso ed il richiamo fa pensare a un lieve suono di campane lontane.
Vive nelle zone collinari e montane, di rado fino a 1.800 metri di altezza, ma lo si avvista anche nelle pianure. Frequenta gli ambienti acquatici, anche di ridotte dimensioni come pozzanghere, dalle quali emerge solo con gli occhi e le narici, alla ricerca di piccoli insetti, molluschi e vermi.




La testuggine di Hermann. La colorazione delle sue macchie è scura e di colore giallo, il peso massimo per una femmina è di 750-900 g, mentre per il maschio è di 400-550 g con dimensioni variabili dai 14 ai 17 cm. Il suo habitat ideale sono aree mediterranee in cui ci sono inverni miti con precipitazioni moderate ed estati aride con temperature elevate. Essa è prettamente vegetariana, ma all’occasione si cibano anche di chiocciole.




Nel momento in cui si vuol entrare nel bosco si consiglia di non fare alcun rumore in quanto è presente la ghiandaiauccello sentinella che avvisa gli abitanti della foresta della presenza di qualcuno e così questi hanno la possibilità di nascondersi in modo che non vengano avvistati.



Per conservare queste specie animali e vegetali si necessita di aree protette. In Calabria la percentuale di territorio protetto è pari al 18,6% della superficie di tutti i territori.
Il Parco Nazionale dell’Aspromonte svolge delle funzioni duplici nella protezione della fauna, poiché protegge le specie di animali che ci vivono e che coesistono, ma svolge anche un’altra importante funzione: quella di essere una tappa obbligatoria per gli uccelli migratori, specialmente per coloro che attraversano lo Stretto di Messina, per poi proseguire il loro viaggio verso Nord.
Il Parco ospita specie significative, presenti solo nella nostra regione o nella penisola italiana, specie minacciate dall’estinzione (come ad esempio il lupo). Da ciò deriva l’importanza nel custodire e conservare la fauna. Si comincia a contribuire alla salvaguardia e alla conservazione di queste specie già con un semplice incontro con la natura, in modo silenzioso, bisogna ascoltare il richiamo della natura, degli uccelli, il fruscio dell’acqua nelle cascate, bisogna ascoltare come questa si spinge verso le pietre e trova passaggio tre le fessure.




A livello geologico l’Aspromonte è molto ricco: si trovano rocce di quarzo latteo che veniva usato nel paleolitico per costruire armi come punte di frecce e lance, poiché se si dovessero rompere si creerebbero delle fratture taglienti; vi fu quindi la presenza dell’uomo preistorico che utilizzava il quarzo per costruire strumenti utilizzati per tagliare la carne degli animali morti. La “mica” è una roccia metamorfica presente nel quarzo, granitico cristallina perché presenta cristalli, può essere argentea ma abbiamo anche quella nera che si trova nel granito, muscovite e biotite. Tra l’altro veniva usata nel passato per fare isolare i vecchi ferri da stiro perché assorbe il calore e lo rilascia lentamente, ma anche come isolante elettrico in quanto non permette il passaggio dell’ energia elettrica.


Bibliografia: libro "Guida alla fauna vertebrata del Parco Nazionale dell'Aspromonte" di Laruffa Editore
Fonti:





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